martedì 15 maggio 2018

Cinquecentosessantotto milioni di secondi -pt2


Iphigenia, Ofelia, Anna, Esmeralda, Anastasia.
Le eroine drammatiche di cui ha amato leggere, della realtà o della fantasia, si sono fatte trascinare dal corso degli eventi fino ad una fine orribile; perlopiù è stata colpa degli uomini che le circondavano: fratelli, fidanzati e mariti crudeli, uomini che hanno confuso il rancore per amore e padri - padri che ti condannano loro malgrado con la loro stessa esistenza e per il loro stesso nome, oppure ti legano all’altare, imbracciano il coltello e ti sacrificano per combattere la loro guerra.
Iphigenia vuole ripetersi che non è per colpa degli uomini se è finita nella situazione in cui si trova, non è colpa di nessuno: è stata solo il frutto di una serie di scelte deliberate e questo è il migliore dei presenti possibili.

Iphigenia siede da troppo tempo in un silenzio accigliato e torvo davanti al muro invisibile che la separa dal suo ospite; un uomo oramai sulla cinquantina abbondante, una benda sull’occhio e una gamba di legno coperta da un vestito di alta sartoria.
È un uomo ricco, infelice, ancora piacente. Ha, ancora, i suoi stessi occhi e le sue stesse labbra.
« Se non sei venuto per dirmi nulla, puoi anche andare via. » si costringe a parlare dopo un po’, ed è una presa di coraggio maggiore di quanto abbia mai osato. « Aspetto altre visite. »
« Chi vuoi che ti visiti. Tutti i tuoi amici, ammesso che tu ne abbia, saranno dei farabutti e dei criminali come te. Se s’avvicinassero di un chilometro attorno al penitenziario, finirebbero a farti compagnia in questo buco. È questo che volevi?»
Lei non ha una risposta. In verità, non capisce la domanda e rimane a boccheggiare - cinque giorni (quindici anni) per prepararsi ad ogni tipo di colloquio, discorsi alla radio, davanti a folle urlanti, davanti al maledetto Galen Grace per rimanere senza parole ora.
Merda.
Suo padre alza la voce, e il resto del colloquio sarà, da qui, tutto in discesa: direttamente una slavina. « È questo che volevi?! »

Astrazione, Alienazione, Allucinazione.
Utilizza quello che può, quando può, per salvaguardare la mente dalla prova estenuante a cui è sottoposta. Utilizza lo studio per tenere la mente impegnata, le visite di Nathaniel per tenere conto del tempo, e perfino la sofferenza fisica è utile se serve a ricordarsi che è tutto una stringa di codice - una lunghissima stringa- e che ha tutto uno scopo.
Ha pensato di negarle del tutto, le visite, ma dopo sei mesi di solitudine qualsiasi offesa potesse provare contro il mondo esterno e gli altri, soprattutto il genere maschile, si attenua e si modera.
Anche quando l’ultima visita, a poche ore ( mesi ) dal suo rilascio, è la più terribile.
Nascondere il proprio nome dietro ‘Effie’ ha funzionato per scongiurare una fine che è comunque avvenuta, ma non se ne rammarica: è sempre stata circondata da dei, re ed eroi più grandi di lei. 
E se come amano ripeterle questa è la più deprecabile fine in cui potesse piombare, allora si dice ridendo, confortando un cuore umiliato, ma non prostrato:
" Non avrò una tomba, ma un monumento! "
Ora, può essere solo Iphigenia.






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