lunedì 8 ottobre 2018

Hit! Hit! Hit!

Col senno di poi
avrei proprio dovuto dartelo
quel bacio


Un altro pugno di Galen Grace le spacca la faccia e il naso ricomincia a sanguinarle direttamente in bocca mentre torna al punto di partenza, e solo guardandolo negli occhi riprende la forza di tornare a combattere mentre i tagli sulle nocche si chiudono, i lividi si asciugano, le ossa si ricompongono.
Basta guardare la faccia di Galen Grace, colpevole di non averli saputi proteggere, colpevole di essere troppo simile a lei, colpevole di non averla amata abbastanza e di non essersi fatto amare abbastanza. Colpevole di mostrarle la propria stessa sofferenza nella stessa misura in cui lei la mostra a lui: con un altro pugno in faccia.
Vede il volto di Dominic Clark, colpevole di essersi fatto amare troppo prima di abbandonarla, di averla costretta a ricercare disperatamente il suo volto in decine di altri uomini, altre persone che non erano lui, di non potevano essere lui, di aver generato una figlia-mostro e non per il sangue che le corre nelle vene ma perchè senza cuore, tali e quali a lui, tali e quali alla prole fottuta già dal momento in cui è stata messa al mondo, tale e quale a suo fratello. E si merita davvero un altro pugno in faccia.
Vede il volto di James Ross, colpevole di essersi fatto spezzare il cuore migliaia di volte e di aver detto basta migliaia di volte e di aver spezzato questa promessa, l'unica che contasse, migliaia di volte. E risponde con un altro pugno in faccia.
Vede il volto di Logan Walker, colpevole di esserle stato accanto, di averle scritto tutte quelle parole che hanno finito per convincerla, colpevole di aver giurato e poi essersi fatto prendere da quelle guardie infami in un modo che grida è colpa tua, di non averle rubato quell'ultimo bacio che alla fine diventa un altro pugno in faccia.
E alla fine vede il proprio volto, spaccato dalle ferite e dalla sofferenza e da tutto ciò che non l'ha uccisa e che l'ha fatta diventare ciò che è diventata, e sa di essere colpevole di non aver fatto abbastanza, di non aver combattuto abbastanza, di non aver amato abbastanza. Colpevole di non aver mai fatto la scelta giusta, e tutto quello che rimane è un altro pugno in faccia.

Avrei dovuto
rimanere a casa
registrarmi quando ero ancora in tempo
non premere quel grilletto
trovare mio fratello
non rubare quell'ankh
tornare indietro
tornare indietro
tornare indietro

lunedì 1 ottobre 2018

Caleb e Jenny - pt.3


« Lo sai che per quanto ci pensi, mica me lo ricordo che c’era scritto sul bigliettino di quel biscotto della fortuna?»

Il suo non è un vero e proprio sonno, e apre gli occhi ogni volta che ne sente le dita tra i capelli o sporgersi per cambiare stazione alla radio - l’ha accesa lui? lei ricordava fosse spenta, ma sta mandando Wish You Were Here dei Pink Floyd ed è una scelta sicura-, cercando istintivamente prima una via di fuga, poi l’orario al neon arancione sull’autoradio a musicassette: sono le 3:32, poi le 3:56 e quando riapre gli occhi per l’ultima volta sono le 4:23. Piove ancora e la città è ancora immersa in un neon sfocato che sembra le luci di Natale.
« L’hai letto il Potere del Cane? »
« Tra poco è l’alba. Dormi. »
Lei non segue il consiglio ma non riesce ad alzare il collo, osserva il tettuccio dell’auto e il suo mento e capisce di essere stanca: nonostante i bei discorsi, le grandi parole, i propositi immensi è ancora stanca. « Parla di due fratelli, uno scemo e uno in gamba, ma quello che si sposa che la ragazza bella del villaggio è lo scemo. Ed inizia questa storia d’odio. Io prima della Sandmac non leggevo molto… il liceo non l’ho fatto proprio. Le persone non si laureano in Sandman Machine, di solito, perchè continuano a pensare che quel tempo non valga nulla, che non serva a nulla. È una macchina della disperazione, e così deve funzionare, quasi nessuno usa quel tempo per migliorarsi, e non fai altro che contare, ma avevo questo libro da finire di leggere… e poi ne ho chiesto un altro. E ancora. E ancora. E alla fine ho preso la laurea senza accorgermene, e ho finito per studiare più di quanto avrei mai creduto di essere capace.
C’è questo sistema che dovrebbe essere di remunerazione virtuosa, sai, parti con la stanza bianca e vuota, ma se ti comporti bene puoi scegliere qualcosa da ottenere e da tenere e da metterti in stanza, o sigarette, anche un cazzo di poster, è come i videogiochi, alla fine è tutta una realtà virtuale. Ma finisce come al solito, che chi accumula più potere in qualche maniera, chi primeggia, anche schiacciando gli altri… è un circolo vizioso. E sappi che io avevo tutti i libri che volevo.» C’è una vaga, addormentata ma crudele soddisfazione negli occhi da ragazzina - e ragazzina non lo è più, è chiaro, anche se di certo non è l’adulta che la Sandmachine l’ha fatta credere di essere. « Il libro me l’aveva prestato Jenny prima di quella missione, quindi se tornavo che non l’avevo finito mi apriva il culo. E se io magari io lo sospettavo, che sarebbe andata male, lei lo sapeva con certezza. Ha passato tutta la notte stretta a me perchè lei lo sapeva.»
Non si rende conto che forse il suo racconto non ha nè capo nè coda, non ha una morale, non significa nemmeno niente: la ragazza che ora è nelle mani dell’esercito, forse morta, le ha prestato un libro perchè sapeva, in qualche modo, che sarebbe andata come doveva andare.

Perchè l’hanno sempre saputo.


Caleb e Jenny - pt.2


Tira su con il naso, prende fiato, lentamente, le mille spie accese del cruscotto le hanno fatto perdere il filo del discorso con le loro urgenze: cambia l’olio, airbag non funzionante, allaccia la cintura di sicurezza, metti benzina (è sicura, ha fatto il pieno).
« Eri scivolata. » Glielo ricorda lui, con calma, nella voce un’interesse che non è solo di circostanza. Non è un modo per dirle: parla, così ti sfoghi e passi il tempo.
« … E la bomba esplode. Probabilmente l’hai sentito al tg quello che è successo…» Prende una pausa. Quando apre il vano portaoggetti del cruscotto scivolano un paio di mutandine e un cubo di rubick e lei nemmeno perde tempo a recuperarli, cerca un altro pacchetto di sigarette a tentoni e quando lo trova, lo strappa senza delicatezza per recuperare un’altra sigaretta da consumare troppo rapidamente per darle soddisfazione. « Quindi già dal giorno dopo mi ritrovo amici che mi fanno: c’è questo ragazzino che ti cerca, è disperato, crede che tu sia morta. Gli dico: faccelo credere, poi ci penso. Ma mi dicono tutti: è disperato, vacci a parlare, spiegagli la situazione, è una persona affidabile. E quando vado lì il coglione mi guarda e mi fa ‘ciao’, perchè dopo che mi avevano fatto credere che aveva acceso un cavolo di lumino per la mia morte Jenny mi racconta che ha questo cazzo di problema di memoria, c’ha le cose sulla punta della lingua e sembra rincoglionito ma non lo è sul serio, e comunque sapere che non ero *davvero* finita carbonizzata era un sollievo. » Finisce comunque a ridacchiare e non si sa come alla fine è finita mezza stesa sul sedile del pick up, del suo caro pick up magico su cui, gliel’ha raccontato, si sono buttati tutti per andare a ballare, con la testa vicino (sopra?) le sue gambe, e forse due ore le dormirà pure lei, perchè la notte è ancora lunga, e la storia non è finita.

(to be continued)