lunedì 4 novembre 2019

La sedia

Non c'è momento in cui abbia amato Austin più di questo; sono seduti sulla stessa sedia all'Hive e lui le passa le dita tra i capelli mentre le dice che c'ha ragione, non è giusto, d'accordo che ha sbagliato ma non doveva umiliarla così di fronte a tutta la squadra, che farle pulire  cessi è stata una bastardata ma tanto la aiuta lui e lo farà sicuramente anche Galen Revenant e sicuramente, sta a vedere, è perchè ce l'ha ancora con Elysium suo padre e mille altre cattiverie che non la fanno sentire meno inadatta ma almeno le fanno masticare via il rancore e ingoiare tutta l'umiliazione. Hanno le gambe intreccate tra di loro e la sedia è abbastanza grande per accoglierli entrambi, e in questo momento, in questa base fredda che sembra aliena, hanno solo l'un l'altro. Niente resta uguale e non sarà sempre così, ma ora, sulla stessa sedia, non c'è momento in cui lo abbia amato di più.

"Insomma devo venire lì?"
"Ma ti pare, che stai dicendo."
"Ef..."
La voce al telefono sospira ma è un sospiro paziente, di chi sa perfettamente chi si trova dall'altra parte del telefono a chissà quanto di distanza, a quanti mesi di distanza, dopo silenzi interrotti da telefonate ad orari assurdi, ma va tutto bene, perchè non hanno mai smesso di volersi bene.
"Senti, mi passi Will? Con lui si può parlare."
"Vorrei solo farti capire...!"
"Cosa c'è. Cosa vuoi. Ti ho detto che va tutto bene, non rompere, ti ho fatto un'altra domanda."
E si deve essere pazienti.
"Eff, hai sentito Caleb, di recente? O Jenny."
Forse si aspetta che lei si arrabbi. Forse un po' lo vuole.
"Come cazzo te ne esci così?"
"Forse ti potresti far dare una mano."
"Pensi che sia sola?"
"... Non ho detto questo."
Non l'ha detto ma lo pensa sul serio, per un attimo, perchè non tutti hanno la sua stessa pazienza e loro sono così lontani - ma non sono mai andati avanti. Lei inspira, a lungo, e per un istante deve capitombolare al silenzio denso, che di solito, in chiamate come quella, è preludio di una litigata furibonda, di urla e minacce e preghiere e forse anche lacrime, di una rabbia insensata e distruttiva che non è riuscita a sfilacciare i bordi sfibrati del loro amore nemmeno una volta.
"Non sono sola, Jake. Dico sul serio."
Quando torna a parlare però non serve così tanta pazienza e di questo se ne stupisce.
"Andrà tutto bene. Davvero. Alla fine..."
"Ti va sempre tutto bene."
Lui ridacchia, forse per la tempesta scampata, forse perchè, per l'ennesima volta, fa finta di crederci.
Con tutta la pazienza del mondo.

Le serie della base sono tutte troppo grandi per una persona sola per questo si arrampica su quella dell'amica per leggere quei messaggi insieme a lei come se fossero due adolescenti che si fanno le confessioni sulle loro pene d'amore, le gambe e le braccia intrecciate e indissolubili, tempia su tempia, la lista dei ragazzi da scoparsi e quelli da sposare diventa la lista di quelli di cui potersi fidare e chi no, e la prima, un nome sbarrato dopo l'altro e troppo pochi se ne aggiungono, si assottiglia sempre di più. E se l'amica è preoccupata lei la rassicura, andrà tutto bene, lei ha un piano, ma Chloe rilegge ancora le minacce scritte sul display e non riesce a credere alle sue rassicurazioni, non a tutte tutte, ma sorride comunque, perchè si fida di lei.
Perchè una sedia basta ed avanza, è grande il giusto per entrambe - come un letto - come un abito succinto - come una squadra.

Nessun commento:

Posta un commento