sabato 20 gennaio 2018

Stop

La creatura dagli occhi gialli la guarda nei suoi e non è per niente romantico. Iphigenia ha la faccia che cola del sangue di tutti, una mannaia infilata nella spalla e la canna fumante del semiautomatico con cui ha riempito di piombo il corpo di una donna che non c’entrava nulla; lo sfida con gli occhi e fa quello che non si dovrebbe mai fare con un demone, lo provoca e gli dice entra, serviti, strafogati e poi esplodi. 
È qualcosa che ha già fatto più volte e per cui non dovrebbe provare fastidio in particolare ma c’è qualcosa di sbagliato e alle parole del Vicecomandante Carter, chissà perchè, finisce per provare la vergogna che non sente quando Mark Wilson le rovescia addosso tutta la sua indignazione per le esecuzioni, per aver rovesciato i cadaveri di terroristi, assassini e pedofili nei cassonetti e nelle fogne, per la giustizia sommaria. No, quando sente del vangelo secondo Hammerhead e del modo giusto di fare le cose prova solo rabbia, una che non si spegne e che le brucia il petto e le sale nell’esofago come il vomito e la deve ricacciare dentro, perchè uscirebbe sottoforma di verità e la verità è l’unico vizio che non si può permettere.
E continua a bruciarle dentro per tutto il giorno e non si sa perchè è arrabbiata con ciascuno dei suoi compagni, vecchi e nuovi pure quelli che si prodiga di rimettere in piedi, di riattaccarci occhi e braccia, pure quelli che ammettono di aver bisogno di lei e lì è ancora peggio perchè alla rabbia sia aggiunge un amore che fa male e il sentimento frustrante di aver avuto un’altra volta torto, che forse non sono solo belle parole e buone intenzioni, che potrà provarci un’altra volta: uscire di casa di corsa e andare a farsi sbattere quaranta dollari in faccia come una puttana per curare un perfetto sconosciuto che la tratta come se fosse una che non conosce il mondo, una che non capisce cosa stai facendo e perchè lo stai facendo, uno che non capisce perchè tento di fermarti.

Non finisce quando guarda per l’ultima volta il display fracassato di un cellulare che si è tenuta incollato al petto con le ragnatele per troppo tempo con su l’ultimo messaggio a cui non ha risposto, a cui non risponderà; un messaggio ubriaco, senza punteggiatura come i cavernicoli, una sola parola e una sola richiesta disperata che ha pensato bene di non assecondare


fermati



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