giovedì 9 febbraio 2017

Thirteen ways to look a blackbird

I 
Among twenty snowy mountains,   
The only moving thing   
Was the eye of the blackbird.   

{Avevano staccato la coda a quella lucertola per gioco; sua sorella, di sette anni più grande di lei, le stava facendo vedere come l’animaletto si contorceva, si dimenava impotente; cose che si vedono nei film degli anni ’70, che, a quei tempi, non facevano nessun effetto; l’animale lotta e affoga nel suo dolore - alla fine riesce a salvarsi, dimenandosi quel tanto che basta per scivolare via dalle dita di una ragazzina crudele che ride e la rassicura perché quella coda ricrescerà. Prendendola in giro, Effie piagnona.}

L’uomo si agita nell’acqua, muovendo le braccia alla stessa maniera, trascinato via da una corrente insensata che ha inondato strada, case, macchine, persone. Compreso il motorino che le era venuto addosso, spappolandole il braccio con cui ha cercato di pararsi la faccia; poco conta la rigenerazione, se sei vanitosa alla tua faccia ci tieni e non vuoi che un motorino ci finisca sopra. Tutta quella fatica, il fiotto di sangue caldo che le bagna il fianco, il mascara sulle guance, la corsa a perdifiato spingendo e strattonando la sedia a rotelle, la canzone biascicata tra le labbra a darle coraggio - i muscoli che si tendono, riallacciando le fibre tra di loro in maniera quasi più dolorosa di quando si sono strappate. 
È di nuovo su quella pedana a lagnarsi, accartocciata come una foglia bruciata, protestando contro qualcosa, contro qualcuno; contro il tempo tiranno, contro la debolezza e contro quella sedia a rotelle; contro quel qualcuno che ha causato tutto questo; contro sè stessa, perchè è salita per prima. È stata strattonata, si dice, e poi era meglio così, era più conveniente se non fossimo stati così sfortunati. Sfortunati che la sua mano sia scivolata all’ultimo, sfortunati per aver scelto proprio stasera, per uscire a divertirsi. Non lo sa nemmeno, se era uscito a divertirsi. Sa che quando alza gli occhi verso l’alto, una manciata di capelli ricci e un paio di occhi grandi su una faccia lunga la guardano sottosopra da una pedana di due piani sopra; fa una domanda ed è costretta a leggergli il labiale, perchè tra singhiozzi e fischio sordo tra le orecchie non sente nulla - in tutta risposta, però, in un primo momento è tentata di ringhiargli contro come una bestiola in pericolo perchè lo riconosce.

Prima che le due mani si stacchino, l’effetto comico è quello di due cani attaccati allo stesso guinzaglio che corrono in due direzioni opposte con un palo in mezzo; lui verso la salvezza, verso l’alto, lei contro il motorino che la lascerà ansante sull’asfalto pochi attimi dopo, a guardare lo scalpiccio dei piedi di molti, degli anfibi di lui. 
Non ha urlato a lui, alla base di quelle scalette - ma ha urlato aiuto, ha implorato, si è sbracciato come il fedele di una confessione apostolare si sbraccia ad un dio sordo. Non che abbia urlato a lui, ma lui c’era, poteva aiutarla.
E ora la guarda e le chiede se sta bene.

Quell’ombra d’aggressività che poteva esserle rimasta in corpo si spegne mansueta nel ricordarsi che, comunque, è tutta colpa sua. Che non doveva salire prima, che aveva tutta la forza di tenersi aggrappata per molto tempo, se fosse stato necessario, che è stata sciocca prima, egoista e codarda poi.
Si spegne debole, facendole nascere dentro una gemma di disgusto di sè di cui, fortunatamente, per ora non si accorge. Si spegne in un sorriso intimo, che cerca conforto e lo trova.
Lo trova sotto forma di una sigaretta che accende l’altra. Ciao Effie. Lo trova sotto forma di una pasticca gialla su cui è disegnato uno smiley con gli occhi a forma di X. Ciao, Murphy.
Non importa, è solo per stavolta, non lo dirò a nessuno. Le brave ragazze non lo fanno ma sono così stanca, così triste e così stanca, e riempirà la mia testa di luce.
Lo trova sotto forma di una poesia abbastanza struggente, che può arrivare anche ad una mente semplice come la sua. Sotto forma di dita che le stropicciano i capelli sciogliendo le trecce sfatte e disordinate - e lei, al contrario del solito, se lo lascia fare docile come un gatto affamato. La poesia sembra un haiku, ma lei non conosce gli haiku e questo non lo sa: ricorda, però, le pitture giapponesi che ha visto una volta in un museo in tv, la luna e il merlo e il vento e i kanji ordinati tutti in fila.
Sarà una lunga notte.

XII 
The river is moving.   
The blackbird must be flying.   

XIII 
It was evening all afternoon.   
It was snowing   
And it was going to snow.   
The blackbird sat   
In the cedar-limbs.

Nonostante il fallimento, quella gemma che è nata dentro di sè non è abbastanza per fermarla.
Però.
Vomiterà molto. 

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