venerdì 29 maggio 2020

La sedia pt.3

La lama che Falcon tiene premuta contro il tuo orecchio deve avere un qualche malfunzionamento, senti il calore del laser sulla carne, sfrigola contro i capelli, fa evaporare le lacrime del pianto disperato che non riesci a controllare.
Ti hanno affamata e ti hanno picchiata fino a farti svenire ma non è mai durato abbastanza.  E poi il resto. L’acqua, le bruciature, il laser, i tagli. Hai sopportato tutto, e sei ridotta al fantasma di te stessa. Urla perché devi mantenere un barlume di sanità mentale, urla fino a perdere la voce così non rischierai di parlare e dire qualcosa che non devi dire per nulla al mondo.
Lo senti che ti manca poco, per questo non devi perdere di vista l’obiettivo nemmeno per un istante. Porta pazienza. Le manette sono strette attorno ai polsi e ti hanno rubato tutto ma la corda, sfregandosi sul chiodo sporgente della sedia su cui l’hanno costretta a sedere per troppo tempo, si sta poco a poco consumando.
Questo ti fa rimanere viva più della febbre che brucia.
La lama di Falcon ha un malfunzionamento, la senti imprecare, ti insulta ancora. Manca poco, pochissimo. Quando fa per darti un calcio, tutto il lavoro che hai fatto fino ad ora potrebbe essere mandato in fumo se ti colpisse, perché lo scoprirebbe, ma ogni tanto alle persone buone succedono cose belle, deve essere il karma o il fatto che è parzialmente azzoppata perché i tuoi amici l’hanno conciata per le feste, ma non ti colpisce, non ti sfiora nemmeno.
Cade.
Cade nel momento in cui tu sei libera.
E allora non puoi permetterti di perdere nemmeno un istante, con le tue ultime forze balzi in piedi, lei non crede ai suoi occhi e deve essere quello il momento in cui colpirla, un calcio, e ancora un altro, sui denti e sul naso sotto il passamontagna, con le ultime forze che ti sono rimaste. Non conta che hai un piede che sanguina ancora, le ossa rotte, un proiettile ancora incastrato tra le costole che ha fatto infettare la ferita, non conta niente se non tutta la libertà a cui puoi anelare e solo una cosa conta, solo una parola.
Combatti.
Potresti iniziare a fuggire ma continui a colpire e a colpire, quelle maledette manette ti hanno rubato dei tuoi poteri ma con la violenza ci sei nata, ce l’hai sempre avuta nel sangue ed è quello che ribolle, ora. Quando non si muove più, quando davvero sei sicura che non si rialzerà, non pensi ad altro che ad uscire, prendere la sua preziosa pistola e correre fuori da lì, non importa su quanti cadaveri ti dovrai fare strada, quanti ne dovrai calpestare.
Vedere la luce del sole non è una scusa per fermarsi, per smettere di correre. Il mantello ti sbatte sulla schiena. Più veloce, più veloce. Dietro di te l’odore di polvere da sparo, ti fischiano i proiettili addosso, stanno per raggiungerti - ma qualcuno risponde al fuoco. E’ il rombo di una moto, e altre come loro, perché alla fine, come nelle sue fantasie più sfrenate e selvagge, sono venuti a salvarla: appena in tempo. Erlking, Redback, Khymeya, ci sono tutti. Retribution, Hyena, Madame Samedi. Ratel, Narcis, Stray. Piangi di gioia, ridi, ti sbracci. Sono qui, sono qui.
Puoi finalmente lasciarti andare. 
Puoi finalmente chiudere gli occhi.

Hai detto a Nameless che non ti senti più te stessa, ultimamente.
Che ti perdi le cose, i nomi, le facce.
Che hai paura che presto non sarai più all’altezza.
Lui te lo ha detto, che è normale quando sei costretta a condividere il corpo, la mente e il cuore con una creatura millenaria che scalpita per avere il controllo su di te, per uscire, per dare le battaglie che crede che tu sia troppo debole per iniziare. Te lo ha detto, che è normale quando hai vissuto la vita che hai vissuto. Hai ventidue anni, ma si contano come gli anni dei cani, e ti fa ridere, ma quando se ne va rimani con i dubbi di prima.
Non glielo hai detto, che non credi sia tutto a causa della Sua presenza. Della Regina.
Perché quella voce che ti dice di combattere non si è mai spenta, Lei ti ha rubato i poteri e i tuoi ricordi ma con la violenza ci sei nata, ce l’hai sempre avuta nel sangue, e ora è il sangue a ribollirti nelle vene.
Lo vedi come ti guardano, cosa si aspettano da te e non puoi deluderli, non puoi permetterti di perdere nemmeno un istante e con le tue ultime forze ti alzi in piedi e fai quello che deve essere fatto, ogni giorno, non importa la stanchezza, le ossa rotte, la febbre che brucia e che non si asciuga mai.
Devi essere all'altezza.
Ti ho vista parlare, lì in mezzo. Sei brava a farlo. TI viene naturale.
Continui a farlo, allora, a parlare. Ad organizzare le persone, quelli come te, che hanno il sangue che ribolle nelle vene e la voce nella testa che gli dice combatti. Anche se ti abbandonano e ti lasciano, tu non smetti mai. Anche se sei stanca e vorresti solo chiudere gli occhi, tu non smetti mai. Anche se non ti senti più te stessa, ultimamente, tu non smetti mai.
Lo sai, da qualche parte, che sei rimasta lì.
Che tu quella sedia non l’hai mai lasciata.
Ma non smetti mai.

La pioggia mi ricorda te.

domenica 24 maggio 2020

Do I wanna know

Ha attaccato degli stupidi palloncini rossi alla parete come se fosse la festa di compleanno di un bambino di sette anni, ha preparato perfino dei tramezzini che non mangerà nessuno e le patatine nelle ciotole ma continuano a riempirsi la gola di birra ed alcool scadente mentre si strofinano sempre più vicini - troppo vicini- mettendosi le mani addosso come farebbero due adolescenti in calore.
Lei lo cerca, quel calore elettrico che sente ogni volta che lui la tocca. La fa sentire ancora viva, non ha mai fatto una battuta sulla necrofilia, Tobey, evita l’argomento come se fosse la peste, quando solo lo sfiorano hanno già iniziato ad urlarsi addosso le cose peggiori - non sono poi molto diversi, lei gli ha dato uno schiaffo e lui la guarda con occhi diversi, guardami le dice mentre la prende per le spalle va tutto bene, ma ora devi calmarti.
Le urla contro quando la accusa che di Jay non le importa niente, a lei, quella delle notti insonni, delle cacce estenuanti, della lotta continua. Per Jay e solo per Jay. Nessuno sarà mai come lui ma non può fare a meno di vederlo che sono un po’ simili, e di addolcirsi almeno un poco, e di credergli, perché gli importa davvero.
Dovresti mettere un po’ a posto, non si cammina in questo cazzo di casino e non fa in tempo a dirlo che ha già calciato l’ennesima lattina vuota e mezza schiacciata di birra scolata. Non c’è venuto nessuno qui probabilmente. Solo Tobey e i suoi fantasmi, e allora si fa un po’ più vicina, e lui le dice non farò mai nulla che possa metterti in pericolo e lei non capisce, e gli chiede se vuole venire in campeggio con lei, e gli crede, e si fida.

T   obs&Effie
To   bs&Effie
Tob   s&Effie
Tobs   &Effie
Tobs&   Effie
Tobs&E   ffie
Tobs&Ef   fie
Tobs&Eff   ie
Tobs&Effi   e

Ti saresti dovuta cucire quella maschera addosso.